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CHE SIA DONO, CHE SIA FELICE …

“Devi essere più ordinato”, “Sbrigati che è tardi!”, “A scuola sei troppo distratto” … and so on, continuate voi … Certo, come adulti cerchiamo di indirizzare i più piccoli verso comportamenti più “funzionali” ed “efficaci”, pensando sinceramente al loro bene, impegnandoci a  fornirli di “carattere”, perché sappiamo quello che li aspetta … Questo lo ritengo senz’altro giusto ma mi chiedo:

  1. quanto siamo esasperanti? Fino a esasperare anche noi stessi …
  2. se non otteniamo nulla ci sarà qualcosa che non funziona, almeno non secondo le nostre aspettative?
  3. sappiamo davvero “quello che li aspetta”? Se la risposta è “certo che sì” … qualcosa forse non va …
  4. quante energie impieghiamo per conoscere i più piccoli nel profondo? Per scoprire (e aiutarli a scoprire) il loro potenziale e aiutarli a puntarlo con fiducia, speranza e coraggio nella giusta direzione?
  5. qual è il nostro sogno per loro? La loro felicità? Il loro successo economico? La loro (e quindi nostra) rispettabile e apprezzata immagine sociale? E questi sogni sono sempre sovrapponibili? Forse sì sapete? Ma magari percorrendo strade che non ci aspettavamo …

Sono domande sincere, che mi pongo nel profondo come madre, come educatrice e come autrice. Domande che condivido con voi e alle quali potete aggiungerne molte altre. Non ho risposte già pronte ma diversi spunti:

  1. Sono convinta che il bambino che ho davanti sia un regalo “nuovo” per il mondo, qualcosa che non è mai esistito prima, qualcosa che mi supera e mi supererà nel tempo. Vorrei avere sempre uno sguardo aperto per cogliere la novità e un atteggiamento curioso, accogliente, positivo …
  2. Sono convinta che il bambino che ho davanti non è solo un dono “in potenza”, che si manifesterà quando sarà adulto e contribuirà alla vita della società. Sono convinta che esprima il suo dono fin dal grembo materno e che a ogni fase della vita, ogni giorno, sia un dono per chi gli è accanto. Vorrei essere pronta a riconoscere, accogliere e incoraggiare il suo essere dono, a chiedergli di esserlo, con gentilezza, con fiducia e con gratitudine.
  3. So che a volte sono le mie paure verso il contesto sociale, il giudizio degli altri e il futuro a influenzare il mio rapporto con questo bambino, a suggerirmi cosa fare e dire. Vorrei conquistare ogni giorno la speranza e la fiducia nel Bello, nel Vero, nel Buono perché possano essere il prato assolato da offrirgli per crescere e costruire il dono che è e sarà per il mondo (e dunque per se stesso).
  4. Sono pronta a rinunciare alle mie aspettative, a costruire io al suo posto? E pur senza restare passiva spettatrice, comprendere che il mio ruolo è aiutarlo a prendere in mano i doni ricevuti e renderli un capolavoro? Vorrei essere pronta …
  5. Vorrei che questo bambino fosse felice, solo questo, e so che lo sarà se saprà sviluppare il suo potenziale, rispondere alla sua vocazione, realizzarsi nel profondo e donare tutto questo al mondo. Vorrei pensare solo a questo. Anche quando vorrei che imparasse a essere più ordinato, a ricordarsi di scrivere tutti i compiti, vorrei avere sempre chiaro davanti l’obbiettivo della sua felicità. Sono sicura che questo, piuttosto che lo spauracchio della maestra o del confronto con il più bravo della classe, mi aiuterà a trovare modalità più efficaci.
  6. Una volta parlavo con una donna di figli, una neuropsichiatra infantile. Parlavamo di approcci educativi e lei mi ha detto: “con i bambini tendiamo a sottolineare sempre quello che manca ma questo non li aiuta a sviluppare quello che c’è, e spesso è così tanto! Dobbiamo prima lodarli per quello che sanno fare e incoraggiarli”. Sono certa che questo atteggiamento li spingerà a sanare autonomamente le proprie lacune e a lavorare sui propri difetti molto più che mille prediche e scenate istrioniche. Quante volte l’ho sperimentato con mia figlia! E anche sulla mia pelle. Perché ho la memoria così corta?

Qualche lettura di ispirazione che a me ha dato tantissimo:

  1. James Hillman, Il codice dell’anima. Per riflettere sul concetto di potenziale, vocazione, e co.
  2. Alexander S. Neil, I ragazzi felici di Summerhill. Per riflettere sulla capacità di autodeterminarsi verso il bene, in condizioni favorevoli … (forse è fuori catalogo cercate sul web)
  3. per i piccolissimi tutti i libri di Tracy Hogg, a partire dal celeberrimo Il linguaggio segreto dei neonati. Per imparare a conoscere e accogliere i bambini fin dal principio della loro vita … e forse anche prima.
  4. tutti i libri di Marcello Bernardi (che Dio l’abbia in gloria!) per uno sguardo a-pregiudiziale sui bambini.

Ne potrei citare tantissimi altri ma magari ce li diciamo cammin facendo e aspetto anche i vostri suggerimenti. In ogni caso concludo con un altro illuminante punto di vista, riguardo a letture di questo genere e all’educazione dei bambini: un mio caro amico, un vero mentore per me, quando gli parlavo di tutti i libri che leggevo per essere una madre e un’educatrice migliore mi prendeva bonariamente in giro dicendo che non servivano a niente, perché (e si faceva serio) l’unica cosa che serve per crescere un bambino felice è l’amore. Non intendeva un amore sentimentale, ma quello con la A maiuscola, incondizionato e sapiente, adulto e leale. Un amore che non è fatto di condiscendenza ma nemmeno di paura e rigidità. Un amore pieno di speranza. Quindi io leggo e continuo a leggere, anche libri che dicono cose molto estreme e molto diverse tra loro, con spirito critico sempre attivo, perché per me sono solo ispirazioni e non istruzioni per l’uso. Quello che conta è il mio amore, è renderlo sempre più saggio e limpido, serio e gioioso e in questo amore posso fare sintesi anche delle letture.

Quello che conta è che sia dono e che sia felice.

p.s. Se volete incolpare qualcuno per aver scoperchiato questo vaso di Pandora stamattina, incolpate Federica di didatticaesorrisi e in particolare questo suo post su Instagram!

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